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Afferma infatti sul Corriere della Sera di poter ridurre il deficit del 20% in 5 anni:
«La strada praticabile è quella di garantire, con un programma pluriennale, vendite di beni pubblici per 15-20 miliardi l'anno, pari all'1 per cento del Pil [...] se lei pensa che già abbiamo un avanzo primario, cioè prima del pagamento degli interessi sul debito, del 5 per cento e calcoli una crescita nominale del 3 per cento, cioè tolta l'inflazione all'1, vorrebbe dire ridurlo del 20 per cento in 5 anni».
È poco evidente che dichiara una crescita del PIL del 3% all'anno, per ottenere questo scopo, con un'inflazione al 2%. Intanto, l'inflazione è al 3,3%, e non al 2 come crede il Ministro.
Nel seguito dell'articolo, interrogato sulla prevista (de)crescita del PIL, che il Fondo monetario stima oltre il 2%, il Ministro risponde «Io direi un po' meno del 2».
Quindi, tirando le somme, ci vuole un avanzo almeno del 5,5% solo per restare a galla, senza contare gli interessi sul debito, che visto lo spread sta intorno al 5%, non proprio quisquilie, il totale necessario per iniziare quest'anno il percorso virtuoso decantato nell'intervista va oltre il 10%, con un 5% di dismissioni, altro che 1%.
Se il buongiorno si vede dal mattino, Ministro, qui è ancora notte fonda.